Rita Longobardi, Segretaria generale Uil Fpl risponde al Presidente dell’Aran Naddeo sul ruolo del contratto pubblico

Il contratto collettivo nel pubblico impiego, come sottolineato dal Presidente dell’Aran, è uno strumento essenziale per bilanciare le esigenze dei lavoratori e gli interessi della collettività. Deve garantire trasparenza, efficienza e rispetto dei principi costituzionali, senza compromettere la sostenibilità economica del sistema pubblico. Tuttavia, questa impostazione pone interrogativi cruciali, soprattutto quando i vincoli finanziari sembrano prevalere sul riconoscimento del valore reale del lavoro pubblico.

La necessità di garantire sostenibilità economica è certamente importante, ma non può trasformarsi in un alibi per comprimere diritti e retribuzioni. Se da un lato la spesa pubblica per beni e servizi tiene conto dell’inflazione e delle dinamiche di mercato, dall’altro lato i salari dei dipendenti pubblici continuano a essere sottoposti a una rigidità che non tiene adeguatamente conto del loro potere d’acquisto.

Questo approccio non è stato esplicitamente affermato dal Presidente, ma emerge implicitamente nella subordinazione delle dinamiche contrattuali pubbliche ai vincoli finanziari. È fondamentale ribadire che il lavoro umano non può essere trattato come una variabile d’aggiustamento delle politiche economiche. La Pubblica amministrazione non deve limitarsi a perseguire efficienza e trasparenza: deve essere un modello di rispetto e valorizzazione del capitale umano.

La funzione pubblica ha da tempo affermato che ogni amministrazione deve garantire il più alto livello di benessere lavorativo ai suoi dipendenti. Questo principio non è solo un obbligo morale, ma una strategia fondamentale per assicurare servizi di qualità. Il benessere lavorativo comprende un ambiente di lavoro sano, opportunità di crescita professionale e una retribuzione adeguata al costo della vita.

Tuttavia, nonostante queste dichiarazioni di principio, le politiche contrattuali spesso sembrano muoversi in direzione opposta. Si richiede ai dipendenti pubblici di essere il motore della modernizzazione e della transizione digitale, ma si negano loro le risorse necessarie per affrontare queste sfide con dignità e motivazione.

La logica dei vincoli economici rischia di creare un sistema in cui i lavoratori pubblici diventano i meno pagati in Europa, nonostante siano essenziali per garantire il funzionamento della macchina amministrativa. Questa disparità non solo danneggia i dipendenti, ma mina anche l’efficienza dei servizi pubblici, che dipendono dalla motivazione e dalla competenza di chi vi opera.

Il contratto collettivo deve bilanciare gli interessi delle parti e garantire sostenibilità. Ma questo non può avvenire a discapito del valore del lavoro pubblico. La Pubblica amministrazione ha il compito di trattare i suoi dipendenti non solo come una voce di costo, ma come risorse strategiche.

Investire nel benessere lavorativo, riconoscere economicamente il valore delle competenze e garantire progressioni di carriera adeguate non è solo una questione di diritti: è una necessità per costruire un sistema pubblico efficiente, equo e capace di affrontare le sfide della modernità.

Il contratto pubblico non può essere uno strumento per comprimere diritti e risorse, ma deve diventare un modello di valorizzazione del capitale umano. I vincoli finanziari e normativi, per quanto importanti, non possono prevalere sul rispetto della dignità del lavoro. Solo un’amministrazione che investe nei propri dipendenti può garantire servizi di qualità e rispondere alle aspettative dei cittadini.

Affrontare questa sfida significa superare le contraddizioni attuali e costruire un sistema pubblico che metta al centro le persone, il loro benessere e il loro valore insostituibile.